“My way” esperienza di un percorso

“My way” esperienza di un percorso

Ogni paziente è un viaggio.

Ogni persona che incontro è un’avventura che si compie insieme, un percorso in cui ciascuno prende e offre qualcosa all’altro/a.

Dal canto mio, ho appreso a credere ancor più fortemente alle infinite possibilità dei ragazzi e a riflettere su quanto poco davvero chiedono a noi adulti per aiutarli a crescere e realizzarsi. Se riusciamo, in qualità di genitori, educatori, psicoterapeuti, anche “solo” a creare un contatto autentico di attenzione e ascolto fiducioso, possiamo vedere i nostri giovani attingere alle loro innumerevoli e innate risorse per sbocciare, affrontare le difficoltà della vita e trovare la loro strada.

E se ogni persona è un viaggio, allora la “guarigione” non è che l’inizio di questo viaggio verso la realizzazione autentica di se stessi.

Vi lascio, ora, alla lettura delle parole di Carmela (ha voluto lei stessa che comparisse il suo nome reale, orgogliosamente fiera di avercela fatta con le sue forze e il suo impegno), che non sono semplicemente il racconto di un percorso di liberazione dall’ansia patologica, ma rappresentano molto di più, un inno alla vita, una vera e propria rivendicazione del diritto ad esserci nel mondo, nel proprio personalissimo posto!

Buona lettura.


Mi è stato chiesto di scrivere un articolo, a me, davvero?

Le persone che mi conoscono sanno perfettamente che la vecchia me avrebbe fatto una grossa risata e si sarebbe girata dall’altro lato. Ma ora è diverso, la me 2.0, che comprende parti della prima versione, semplicemente ci prova. Questo è un piccolo ma grande esempio delle numerose cose che ho imparato da quando ho intrapreso questo viaggio. So che alcuni staranno storcendo il naso al momento, perché ero lì, proprio dove sono loro. Lo avrei fatto in ugual modo, perché non credevo a nessuno, a nessuna bella parola. Quindi voglio raccontare la mia storia cercando di trasmettere anche solo una minuscola parte delle mie sensazioni.

Il tutto è iniziato quando avevo sette anni, estate 2005 dicono le carte; ricordo esattamente quel giorno, quando per la prima volta ho provato un attacco di panico e uno stato di ansia. Da quel momento ho vomitato tutte le sere e non sapendo come si chiamasse, gli avevo attribuito il nome di PESO, perché era questa l’impressione, un perenne peso alla bocca dello stomaco che all’aumentare mi dava l’idea di non riuscire a respirare. Svolti gli opportuni controlli mi confermarono che era una “cosa mentale”. Da allora non feci assolutamente nulla, perché né io né le persone che mi circondavano capivano la situazione. Così ho iniziato a cavarmela da sola, a provare a sopravvivere, ma mai nel modo giusto, non possedevo le carte adatte alla partita. Questa condizione mentale, questo peso, era diventato una parte di me; ho alternato momenti di rabbia, di sconforto, di voglia di lottare, di arrendermi, mi bloccava in tutto. Il mondo lo guardavo attraverso i suoi occhi, non concepivo l’esistenza di alternative. Finché un giorno all’età di vent’anni, ho deciso di fare quella telefonata, di chiedere aiuto, e per questo devo ringraziare proprio lei, l’ansia. Ha bussato alla mia porta come sempre, ma questa volta più forte che mai, mi ha guardata dritto negli occhi e mi ha urlato che c’era qualcosa che non andava, che doveva essere affrontata, era più disperata di me. Perché si, può sembrar strano, ma mi hanno insegnato che in realtà l’ansia non vuole farti del male, è un’amica, forse la più cara che si possa avere. Vuole segnalare un problema molto profondo e probabilmente per questo non lo fa nel migliore dei modi, ma alla fine possiamo perdonarla, in quanto con questa consapevolezza, quando si ripresenterà, farà meno male. Dovremo fermarci e chiederle il motivo della preoccupazione, ed infine ci si accorgerà che le sue urla sono diminuite, perché avremo imparato ad ascoltarci.

Così lo schermo del mio mondo completamente nero, filtrato da lei, d’un tratto apparì grigiastro, fino addirittura ad intravedere un raggio di luce. Quello spiraglio diventò sempre più grande e il filtro non era più davanti agli occhi ma di fianco, si era trasformato in un consigliere, pronto a far notare cosa sfugge. Questo è stato il punto di partenza del mio percorso, che ho scoperto essere in grado di portarti ovunque, in parti della tua persona che neanche sapevi esistessero e in zone che a lungo avevi evitato. Ho vissuto i momenti più brutti della mia vita, raschiando il fondo, ma solo grazie a questi, anche i più belli. Ero venuta in possesso non soltanto di carte favorevoli alla mano, ma di un intero mazzo pronto a soccorrermi. Improvvisamente come un semplice click, era tutto diverso, nuovo, in quanto avendo imparato a stare in contatto con me stessa, ho conosciuto le mie reali emozioni e la mia vulnerabilità, accettandole. Ho modificato il mio modo di vedere il mondo.

Successivo al periodo di euforia, ho sperimentato forse quello più concreto che mi ha reso cosciente davvero di ciò che avevo appreso. Ne sono uscita piena di cicatrici, che mi ricordano il dolore provato ma che è differente rispetto a quello ancor precedente; perché non sono più solo quella persona, ho attraversato quel ponte e conosciuto ciò che c’è oltre e soprattutto adesso conosco i pensieri che facevo in passato e se dovessero ripresentarsi, si ritroveranno davanti un’altra me pronta a viverli. Avevo quindi interiorizzato tutto quello su cui avevo lavorato, tutte quelle “chiacchiere” sono diventate reali al 100%, fino ad ascoltare le parole più belle che io abbia mai sentito: “sei guarita”. E giunta alla fine di questo stupendo viaggio posso ufficialmente affermare di essere una persona completamente diversa, è emersa un’altra me che non aveva avuto modo di uscire allo scoperto, ma una volta sciolto ogni singolo nodo che la bloccava, può essere finalmente libera. Penso che una delle cose più importanti che abbia imparato sia il volermi bene, non mi sono mai sentita meno sola, perché so che qui con me ci sono io sulla quale posso contare. Tutta questa libertà, il poter prendere in mano la mia vita, mi spaventa, però mi hanno ripetuto più volte quanto sia importante prendersi il proprio tempo e avere la forza di dire al mondo intero “aspetta, non sono ancora pronta”, perché ognuno è fatto a modo suo e ha bisogno di capire qual è la sua strada.

Pertanto non posso che ringraziare dal profondo del mio cuore, la persona che ha reso possibile tutto ciò, che mi ha accompagnato passo dopo passo in questa avventura, che ha creduto in me, che mi ha supportato e dato la spinta nei momenti in cui ne avevo bisogno, colei che mi ha letteralmente insegnato tutto.

Grazie infinite.

Carmela